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Dott.ssa Laura Calosso | Psicologia Creativa

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sistema endocrino

Training Autogeno

21 Gennaio 2017 by Laura Calosso 2 Comments

Training Autogeno

Allenarsi al rilassamento

Il training autogeno è una tecnica di auto-rilassamento che consente di allontanare lo stress e le tensioni e dona al soggetto una notevole capacità di concentrazione, benessere e presenza a sé stesso.

Il principio sul quale si basa il training autogeno è la stretta interconnessione tra lo stato fisico e quello mentale, che genera uno stato di commutazione autogena.

Ideata da Johannes Schultz, psichiatra e psicoterapeuta berlinese, la tecnica rimanda, a partire dal suo significato letterale “training”= allenamento, “autos”= da sé, “genos”= che si genera, ad un allenamento che si genera autonomamente: infatti la persona che apprende il metodo diventa in grado di gestire individualmente i propri stati fisici, acquisendo una sempre maggiore capacità di induzione volontaria di sensazioni specifiche, inizialmente indotta dall’esterno e gradualmente interiorizzata.

L’autogenia, secondo Schultz, è la capacità di lasciar emergere spontaneamente il proprio mondo interiore. Per far emergere il proprio progetto interno è necessario un ascolto calmo di sé, che si realizza attraverso il rilassamento profondo. Solo allora, quando si mettono a tacere le voci di sottofondo e ci si da lo spazio e il tempo di ascoltare il proprio Sé, si realizza quella profonda unità di mente e corpo che é alla base del benessere.

Il Training Autogeno nasce originariamente in campo clinico psicologico e psicosomatico per affrontare problematiche quali: disturbi funzionali e somatizzazioni di tipo neurovegetativo come cefalee, tachicardie, problemi circolatori e respiratori, disturbi digestivi; fobie e disturbi d’ansia; tic o balbuzie; disturbi del sonno quali insonnia e apnee.

Esercizi principali

Gli esercizi principali del metodo indicato da Schultz sono “basilari“(1-2) e “complementari“(3-4-5-6-7):

  1. Esercizio della pesantezza: produce uno stato di rilassamento muscolare ;
  2. Esercizio del calore: produce una vasodilatazione periferica con conseguente aumento del flusso sanguigno ;
  3. Esercizio del cuore: la concentrazione sul ritmo del battito cardiaco, come sul respiro, genera una sensazione di calma che permette di raggiungere uno stato di serenità ancora più profondo ;
  4. Esercizio del respiro: la respirazione diviene sempre piu’ profonda e spontanea, avvicinandosi a quella caratteristica del sonno ;
  5. Esercizio del plesso solare: consiste nel graduale rilassamento di tutta la zona situata al di sotto del diaframma, tra lo stomaco e la colonna vertebrale, che si collega a numerosi organi interni: stomaco, intestino, fegato, pancreas, milza, reni e ghiandole surrenali.
  6. Esercizio della fronte fresca: induce nell’individuo una sensazione di benessere e rilassamento nella zona del capo ;
  7. Proponimento: in questa fase si può inserire un proponimento rispetto a un particolare obiettivo che si può prefissare. Per esempio lo sportivo che soffre d’ansia da prestazione può visualizzare il momento della competizione in uno stato di totale rilassamento così da associare la competizione stessa ad uno stato non ansiogeno, creando una memoria interiore di calma ad un livello profondo dello stato di coscienza.

Questa tecnica è quindi un vero e proprio strumento di cambiamento che opera a tre livelli: fisiologico, fisico e psicologico.

A livello fisiologico viene favorito un riequilibrio del Sistema Nervoso e del Sistema Endocrino, entrambi strettamente connessi ai vissuti emotivi; a livello fisico, tale metodo di “autodistensione da concentrazione psichica passiva” – come il suo stesso ideatore la definì – consente in tempi brevi di intervenire efficacemente su numerosi disturbi funzionali, migliorando lo stato di benessere e di salute generale; a livello psicologico il soggetto, indotto a concentrarsi sulle proprie sensazioni corporee, ottiene un immediato alleviamento delle tensioni e dei pensieri, migliorando alcuni vissuti psicologici.

Ad oggi i campi di applicazione scientificamente validati del Training Autogeno sono molti di più e spaziano dall’ambito aziendale, dove ha permesso di migliorare le prestazioni lavorative e la motivazione, a quello sportivo dove si è dimostrato utilissimo per atleti in fase sia preparatoria di gare che di recupero dopo eventuali infortuni. Ci sono poi i corsi pre-parto, la preparazione agli esami o eventi importanti, l’ambito estetico e infine quello pediatrico in cui la tecnica si è trasformata in “fiabe per il rilassamento” dei bambini.

Potrebbero interessarti anche:

Corsi di Training Autogeno

Bibliografia

Schultz, J.H. (1968). Il training autogeno I – esercizi inferiori. Milano: Feltrinelli.

Schultz, J.H. (1968). Il training autogeno II – esercizi superiori. Milano: Feltrinelli.

Schultz, J.H. (1968). Quaderno di esercizi per il training autogeno. Milano: Feltrinelli.

Marchi, I. (2002). Teoria e pratica del training autogeno. Firenze: Demetra.

Lindemann, H. (2003). Training autogeno. Il più diffuso metodo di rilassamento. Milano: TecnicheNuove.

Hoffman, B. (1980). Manuale di training autogeno. Roma: Astrolabio.

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Filed Under: Psicologia e Benessere Tagged With: allenarsi al rilassamento, Corso di Training Autogeno, lasciare andare ansia e stress, sistema endocrino, sistema immunitario, sistema nervoso, tecniche di rilassamento, training autogeno

Psicosomatica e Pnei

17 Dicembre 2016 by Laura Calosso Leave a Comment

Psicosomatica e Pnei

Somatizzare: stress e quotidianità

Psicosomatica e Pnei lo dimostrano : una maggiore consapevolezza emotiva e corporea, aiuta a superare problemi di somatizzazione dovuti ad ansia e stress.

Ora ti invito a dedicare un momento per rispondere alle seguenti domande :
1. Consideri frenetica la tua quotidianità?
2. Riesci a ritagliare un momento quotidiano per te?
3. Vorresti che le giornate avessere più ore per fare tutto con più calma?
4. Hai perso la motivazione o l’interesse nelle tue attività quotidiane?
5. Ti sembra di risentirne sia a livello fisico che psicologico?
6. Ti hanno mai diagnosticato un disturbo psicosomatico o non hanno individuato la causa di un tuo malessere fisico?

Se hai risposto Sì ad almeno una di queste domande sei nel posto giusto e ti consiglio di continuare a leggere questo articolo.

Lo sapevi che ad oggi è stato dimostrato che la reazione prolungata allo stress è una delle cause principali per l’insorgere di malattie? Si tratta di disturbi provocati dall’attivazione del “sistema di allarme” del nostro organismo. Sono difficili da individuare ma non meno reali di tutti gli altri disturbi, e sono strettamente legati al nostro stile di vita.

Disturbi Cardiovascolari e Depressione

Statistiche mondiali rivelano che tra le prime cause di morte al mondo vi siano le patologie cardiovascolari. Disturbi per cui, come sappiamo, risulta evidente non solo una predisposizione di base, ma anche uno stile di vita sfavorevole per la salute.

Ciò che rende queste evidenze rilevanti, da un punto di vista clinico e sociale, è lo stretto legame tra malattie cardiovascolari e depressione.
In particolare due recenti studi hanno dimostrato la vulnerabilità a malattie cardiovascolari in presenza di quadri diagnostici depressivi (Rugulies R., 2002; Wulsin L.R., Singal B.M., 2003).
Entrambi gli studiosi hanno evidenziato, dall’analisi della letteratura del periodo storico compreso tra il 1966 e il 2000, il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari in un arco di tempo di 4 anni per coloro, senza disturbi cardiaci, esposti a depressione (Porcelli P., 2009).

Il legame tra depressione e disturbi cardiovascolari e mortalità è allora spiegato dalla risultante di cause concatenate quali:

  1. I fattori biologici (ipertensione, ipercolesterolemia, dislipidemia, sedimentazione di placche nelle arterie, processi infiammatori, bassa variabilità del battito cardiaco, tossicità cardiaca degli antidepressivi)
  2. Stile di vita (fumo, consumo di alcol, scarsa attività fisica, obesità)
  3. Comportamento di malattia (scarsa aderenza al trattamento, scarsa attenzione per le proprie condizioni di salute; Wulsin et. al, 2003 in Porcelli P., 2009, p. 12)

I risultati di queste ricerche pongono ulteriori solide basi alle affermazioni finora esposte riguardo l’intreccio e il valore multifattoriale di quei disturbi considerati esclusivamente biologici o psicologici.

Psicosomatica e Pnei: il nuovo ponte tra Medicina e Psicologia

La Scienza ha sostenuto per molto tempo la scissione mente – corpo, cosa che ha inevitabilmente inciso sull’approccio medico e psicologico circa la sofferenza psicofisica.
La Psicosomatica è una branca sia della medicina che della psicologia clinica, che indaga la connessione tra un disturbo somatico (fisico) e la sua causa di natura psicofisica.

Il corpo si è dimostrato uno degli strumenti più potenti che abbiamo a disposizione per conoscere più approfonditamente noi stessi e gli altri.

Il progresso scientifico, abbracciando la tradizione, suggerisce l’efficacia di tutte quelle pratiche olistiche che permettono di acquisire una maggiore consapevolezza emotiva e corporea.
Lo stretto legame tra mente e corpo è stato in seguito tradotto in studi scientifici relativi a depressione, ansia, sofferenze legate alla sfera lavorativa e relazionale, facendo emergere la profonda validità di queste strategie per vivere una vita serena e un benessere duraturo.

Mente e Cervello: un falso dilemma

Ma allora come siamo arrivati a dividere tra mente e corpo? Probabilmente è stato un processo graduale dopo la rivoluzione del pensiero cartesiano.
Nonostante questa separazione sia stata utile per studiare nel dettaglio il corpo umano e tutte le sue diverse funzioni, quando si guarda al benessere globale, risulta riduttivo fermarsi ad analizzarne solo una parte.
Questo non significa che non sia utile curare un disturbo medico con i dovuti accorgimenti, quanto piuttosto non limitarsi a ricercarne le cause unicamente biologiche o fisiche, quando potrebbero essercene altre più insidiose, ma non meno potenti, come quelle psicologiche (a seguito di stress, traumi, lutti, blocchi emotivi ecc..).

Secondo Pietro Calissano, che dal 1987 dirige l’Istituto di Neurobiologia del CNR:

Molti studiosi (…) sostengono una netta dicotomia fra attività cerebrali (tra cui lo ribadiamo per chiarezza, il movimento di un braccio, la percezione di un suono o di un dolore etc.) ed attività mentali come, appunto il pensiero o l’autocoscienza. Non a caso il mondo della medicina è, a livello accademico, ancora diviso in due corpi di insegnamento distinti e talvolta in contrasto fra loro: gli psichiatri, con le loro numerose varianti basate sul prefisso psiche (psicologi, psicoanalisti etc.) che analizzano le attività ‘mentali’, ed i neurologi, i neurochirurghi, i neurobiologi che si occupano del funzionamento delle attività cerebrali. (2001, p.13)”.

Il dualismo, di cui parla Calissano, è in particolare quello che riguarda la mente e il cervello.
Come ben sappiamo, l’uomo è dotato di un sistema di apparati e organi interni che possono ammalarsi o essere colpiti da alcuni “malfunzionamenti” a vari livelli.
Molto spesso siamo indotti a ridurlo ad un insieme di processi biochimici considerandolo come se fosse solo un corpo, senza comprenderne il complesso sistema di influenze ambientali e psicologiche invisibili ad un’analisi meramente fisica e superficiale.

Al tempo stesso, quando affermiamo la centralità della mente per quanto concerne la sofferenza psichica, attuiamo uno speculare riduzionismo nel considerarla come qualcosa di separato dal corpo fisico che la esprime e la porta nel mondo quotidianamente.

La mente incarnata

Pertanto, ha davvero senso prescindere l’attività mentale dal complesso sistema cerebrale e corporeo che la supporta per valutare il benessere della persona?

Ad oggi è difficile pensare di scindere mente e cervello così nettamente, soprattutto considerandoli il risultato di un complesso insieme di fattori biologici e psicologici in continua relazione tra loro e con una realtà ambientale e sociale in grado di modificarne gli equilibri.

La Psiconeuroendocrinoimmunologia (Pnei)

Parallelamente allo sviluppo della medicina psicosomatica, si sviluppa la Psiconeuroendocrinoimmunologia (Pnei), una disciplina neuropsicologica con forti basi scientifiche, chimiche e biologiche che assolve al bisogno d’integrazione disciplinare tra medicina e psicologia. Tale modello nasce in Europa, attorno agli anni ’30 del Novecento, con le ricerche di Hans Seyle in materia di neurobiologia dello stress e “rappresenta la più robusta controtendenza al paradigma meccanicista e riduzionista che, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, diventa dominante in biomedicina”(Bottaccioli, 2008, p.13).

Questa disciplina, nonostante coinvolga le più avanzate tecnologie, si radica in una concezione di guarigione molto legata alla medicina antica, di origine orientale ed occidentale.
Gli studi di psiconeuroendocrinoimmunologia (Pnei) da molti anni hanno tradotto queste basi teoriche in dati scientifici, che rigorosamente dimostrano come avvenga il collegamento tra emotività e patologia somatica (Bagnoli A., 2014).

I processi di risposta immunitaria

Nello specifico la Pnei studia come le influenze del Sistema Nervoso Centrale e del Sistema Endocrino possano modificare la risposta del Sistema Immunitario. In questo meccanismo, anche le comunicazioni bidirezionali fra i vari sistemi possono modificare la risposta infiammatoria. Ad esempio lo stress cronico può fare insorgere fenomeni di ansia e depressione dovuti a un’omeostasi instabile del corpo (Bagnoli A., 2014).

Somatizzazione ed emozioni

Oggi è quindi possibile affermare scientificamente ciò che ai primi del Novecento scriveva Gustav Carl Jung: “un cattivo funzionamento della psiche può fare molto per danneggiare il corpo e allo stesso modo una malattia somatica può danneggiare la psiche”. Gli studi di psiconeuroendocrinoimmunologia dimostrano che la tendenza a somatizzare sia più propriamente presente in coloro che non riescono a riconoscere o ad esprimere le proprie emozioni (Bagnoli A., 2014). Per questo motivo, nel lavoro Psicologico e Psicoterapeutico, sono sempre più diffuse modalità di lavoro corporeo, per dare voce alla sofferenza emotiva e psicologica, così da iniziare un lavoro parallelo e di reciproca influenza tra il corpo e la mente.

Psicosomatica e Pnei lo dimostrano : una maggiore consapevolezza emotiva e corporea, aiuta a superare problemi di somatizzazione dovuti ad ansia e stress. 

Se hai domande, suggerimenti o curiosità da condividere, ti invito a lasciare un commento qui sotto o contattarmi personalmente.

Bibliografia

Argentieri, S., Calissano, P., Canestri, J., Cimatti, F., Denes, G., Gessa, G.L., Mancia, M., Oliviero, A., Parisi, D., & Signorini, M., introduzione di Montalcini R.L., (2001). Mente e cervello: un falso dilemma? Il Melangolo Editore.
Bagnoli, A., (2014). Il disagio psichico nello studio del medico: quando è il corpo che parla. Psico-Pratika 110, 1-5.
Bottaccioli F., (2008). Il paradigma della psiconeuroendocrinoimmunologia: saggio storico ed epistemologico. Visibile al sito www.sipnei.it
Calosso L., Freilone F., (2015). Il Volto della Psicopatologia: Applicazione Clinica del Facial Action Coding System.
Porcelli, P., (2009). Medicina Psicosomatica e Psicologia Clinica: modelli teorici, diagnosi e trattamento. Raffaello Cortina Editore, Milano.

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