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Dott.ssa Laura Calosso | Psicologia Creativa

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consapevolezza

Il dilemma dell’autenticità

14 Luglio 2019 by Laura Calosso Leave a Comment

Il dilemma dell’autenticità

“Essere” o “dover essere”? È il dilemma dell’autenticità

Ieri pomeriggio, sfogliando “La Terapia Gestaltica Parola per Parola” di Fritz Perls, ho avuto modo di riflettere su uno dei problemi forse più diffusi dei nostri tempi: essere o dover essere?

Spesso non ne siamo consapevoli. Per questo può essere utile spendere qualche minuto a riflettere sul se e quanto ci riguardi da vicino:

Sei più disposto a perseguire la realizzazione autentica di te stesso (l’essere) o la realizzazione dell’immagine di te stesso in base alle aspettative o convinzioni degli altri (il dover essere)?

Sono molti quelli che dedicano la propria esistenza a realizzare una loro concezione di come dovrebbero essere, invece di realizzare se stessi. Questa differenza tra realizzazione di sé e realizzazione della propria immagine di sè è molto importante. La maggior parte delle persone vive soltanto per la propria immagine.

F. Perls

Ecco che l’essere o non essere, alla radice dell’indecisione che impediva ad Amleto di agire, si rinnova oggi nella questione dell’essere o dover essere. Un dilemma che credo possa considerarsi, ad oggi, uno dei punti cardine della sofferenza del nostro vivere moderno.
Infondo a questo articolo troverai un esercizio pratico per iniziare a riflettere su questo tema.. buona lettura!

Quando i “dover essere” creano sofferenza?

Come puoi immaginare, per perseguire un’immagine ideale di come dobbiamo essere, ci basiamo su un’idea e/o su giudizio rispetto a ciò che sia giusto o adatto fare, in base all’immagine cui vogliamo tendere. Per tendere a questo ideale, in qualche modo, esercitiamo un controllo.

Il problema del controllo

Più siamo impegnati a perseguire il nostro ideale di come dobbiamo essere, più esercitiamo un controllo e più tendiamo a mettere in atto comportamenti rigidi che spesso, paradossalmente, vanno a interferire con la nostra vita.

Ogni tipo di controllo esterno – anche il controllo esterno interiorizzato del “tu dovresti” – interferisce con il funzionamento sano dell’organismo

F. Perls

In questo senso, a partire da un’ideale interiorizzato di come dovremmo essere, tendiamo a rispondere in modo ripetitivo, in quanto familiare e rassicurante, senza rischiare la novità di entrare davvero in contatto con l’altro o con l’ambiente che ci circonda senza esercitarvi un controllo.

Paradossalmente crediamo di poter controllare l’ambiente col nostro comportamento: “se sarò impeccabile, sarò accettato dagli altri”, ma come ben sappiamo, il fallimento di questo assunto nasce dal momento stesso in cui viene applicato in modo rigido. Inoltre essere impeccabili non determina automaticamente l’accettazione da parte degli altri, anzi, la nostra rigidità nell’essere sempre impeccabili potrebbe divenire persino ragione di antipatia nei nostri confronti da parte di colleghi e/o amici.

Credo che tutti noi, almeno una volta nella vita, ci siamo trovati a fare i conti tra una spinta spontanea del nostro essere, in contrasto con l’ideale di come riteniamo piuttosto di dover essere. Questo, a volte, crea confusione nelle nostre scelte, facendoci perdere di autenticità e spontaneità.

L’ideale di me…

Perls chiamava questa attitudine la maledizione dell’ideale, si riferiva alla maledizione del non dover essere ciò che si è.

Perché perseguire un ideale? Forse perché non riteniamo di essere abbastanza? Forse perché abbiamo imparato che per essere amati o stimati abbiamo bisogno di confermare le aspettative degli altri?

…dove l’ho imparato?

Spesso l’ideale cui tendi è qualcosa che hai interiorizzato fin da tempi remoti. Ti accorgi che è così quando alla domanda “chi ha deciso che devo essere così?” rispondi “io” oppure “non lo so” e alla domanda “da quanto è così?” tendi a rispondere “da sempre”.

Un esercizio per te

Quali sono gli ideali, che ti condizionano nella quotidianità?

1 – Scrivi i 7 “devo essere..”

Il mio invito, molto pratico, è quello di prendere ora un foglio e di scrivere una lista dei primi 7 “devo essere..” che ti vengono in mente, senza pensarci troppo. Di seguito hai alcuni esempi :

“devo essere impeccabile”;
“devo essere interessante”;
“devo essere bello/a”;
“il mio lavoro deve essere perfetto”…

2 – Completa la frase con “per..”

Una volta evidenziati i tuoi 7 punti, completa ciascuna frase aggiungendo all’ideale l’utilità che lo contraddistingue. Puoi farlo semplicemente aggiungendo “per” come negli esempi di seguito:

“devo essere impeccabile per essere accettato dagli altri”;
“devo essere interessante per piacere agli altri”;
“devo essere bello/a per essere amato/a”;
“il mio lavoro deve essere perfetto per avere la stima dei miei colleghi”…

3 – Dove l’ho imparato?

A questo punto puoi scrivere accanto ad ogni frase dove pensi di averlo imparato ad esempio se in famiglia (con genitori o fratelli) , a scuola o attraverso altre specifiche esperienze della tua vita.

4 – Pratica 7 giorni di consapevolezza

Ora che hai stilato la tua lista di ideali, diventane consapevole nella quotidianità. Il mio invito è quello di associare ad ogni punto un giorno della settimana. Dedica ogni giorno della settimana, a partire da domani, a divenire consapevole del modo con cui tendi a perseguire quell’ideale.

Non ti resta che iniziare a scrivere.. buona pratica!

Se desideri andare a fondo su questo tema non esitare a contattarmi!

Bibliografia

Perls F.(1980), La terapia gestaltica parola per parola, Astrolabio editore.

Filed Under: Psicologia e Benessere Tagged With: Ansia, autenticità, autostima, benessere, citazioni Fritz Perls, consapevolezza, controllo, dover essere, esercizio pratico, ideale, perls, Psicologia, psicoterapia, psicoterapia della gestalt, Stress

Stress lavoro-correlato

16 Ottobre 2018 by Laura Calosso Leave a Comment

Stress lavoro-correlato

“Non ce la faccio più.
mi sveglio al mattino e spesso mi capita di rigettare.
La sola idea di dover tornare sul posto di lavoro domattina mi fa già stare male”

Così esordiva Ilaria (così la chiameremo per rispetto alla sua privacy).

Ilaria lavora per una grande azienda, dove detiene un ruolo importante.
Ciò nonostante si sente totalmente sommersa dal lavoro, che suscita in lei sintomi psicofisici di stress ed emozioni contrastanti, lasciando poco spazio alla propria vita privata.

Ilaria ha sempre avuto passione per il proprio mestiere, ma l’aumento della mole di lavoro e il cambiamento degli equilibri interni all’azienda hanno fatto emergere in lei un meccanismo già presente sullo sfondo dei suoi vissuti: la paura del giudizio.

Nella medicina del lavoro lo stress lavoro-correlato può essere definito come la percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste dell’ambiente lavorativo eccedono le capacità individuali per fronteggiare tali richieste, portando inevitabilmente nel medio e lungo termine ad un vasto spettro di sintomi o disturbi che vanno dal mal di testa, ai disturbi gastrointestinali e/o patologie del sistema nervoso (quali disturbi del sonno, sindrome da fatica cronica ecc…) fino a casi di burn-out o collasso nervoso.

Il timore di essere reputata incapace di gestire la complessa situazione lavorativa, di cui si sente molto responsabile, ha fatto crescere in Ilaria l’ansia da prestazione:

“rispondo alle email a tutte le ore del giorno e della notte (weekend incluso),
sono spesso nervosa e insofferente e nonostante l’impegno che ci metto sembra che il mio lavoro non sia mai abbastanza. Quando torno a casa dalla mia famiglia non sono più come prima e me ne dispiaccio.
mi sento sommersa”

La storia di Ilaria mostra come una situazione particolarmente stressante sul lavoro possa alterare gli equilibri emotivi, fisici e relazionali delle persone.

Esistono storie di vita molto diverse, che parlano tutte dello stesso fenomeno: lo stress correlato al lavoro. Alcune volte la situazione emerge da dinamiche di potere sul posto di lavoro che mettono a dura prova la resilienza delle persone, altre volte da momenti di vita particolarmente stressanti.

In queste e in altre condizioni è importante fermarsi un momento
per fare un passo indietro e osservare la situazione dall’esterno.

Sì, ok, la situazione non sarà delle migliori e molte volte non passiamo fare nulla per cambiare la realtà del nostro posto di lavoro.

Ciò che possiamo fare, è cambiare la nostra prospettiva ed essere più consapevoli.

Potrà sembrarti banale, ma cambiando prospettiva potrai accorgerti di molte cose che nella quotidianità “dai per scontate” e sulla quale puoi ancora agire. Molte volte arriviamo ad accumulare una gran dose di stress e rabbia, senza accorgerci come ci siamo arrivati.

Come uscirne? imparando a essere più consapevoli. Facile a dirsi…

…dirai: “beh, la fai semplice così”

Sì, hai ragione: le situazioni che viviamo sono spesso complicate e non è sempre possibile risolvere tutto con la consapevolezza, ma possiamo utilizzarla per farlo.

Di cosa sto parlando?

Di un concetto teoricamente facile, ma più complesso nella pratica.
Per esempio, ti chiedo, mentre stai leggendo queste righe…

sei comodo in questo momento?

Molti di noi passano l’intera giornata seduti sul posto di lavoro con i muscoli tesi e contratti, tanto che la sera ne risentono fisicamente.

Se ti sei appena accorto di non esserlo…

…prenditi un minuto per cambiare posizione, fare un respiro profondo per tornare nuovamente a leggere.

Come stai adesso?

Esercitare consapevolezza significa questo: ascoltarsi, osservare le proprie percezioni sensoriali, emozioni e pensieri senza esserne silenziosamente travolti.

Questo vuole essere solo un piccolo spunto di riflessione rispetto alla mole di strategie che possiamo apprendere con la pratica.

A cosa serve l’osservazione?

Per smettere di cadere nel “tranello mentale” di identificarci con un solo aspetto di noi o con un nostro pensiero, ad esempio:

“non riesco a fare questa cosa”
diventa troppo spesso
“sono un’incapace”

La verità è che, spesso, siamo noi i primi a giudicarci e a pretendere troppo da noi stessi. Potrai convenire con me che le situazioni sono complesse ma noi non ci accorgiamo di renderle ancora più complicate…

…ma se porterai questa attenzione nella tua vita, potrai davvero trarne un beneficio.
Qualsiasi sia la tua situazione in questo momento, da un punto di vista lavorativo o personale, migliorando la tua capacità di ascoltarti, potrai migliorare il tuo stato di benessere, a partire da te.

La storia di Ilaria può essere anche la tua storia

Ilaria ha saputo cogliere questo momento di crisi come occasione di crescita, intraprendendo un percorso di consapevolezza:

Da quando ho iniziato a praticare esercizi di respirazione e di Mindfulness, che posso tranquillamente esercitare anche nei momenti più faticosi mentre lavoro, la mia vita è cambiata. Ho ripreso a lavorare con più serenità e motivazione, sono meno irritabile con colleghi e familiari; lo stress non è più una valanga che mi travolge, ma è qualcosa che riesco a gestire con un altro spirito.

La storia di Ilaria dimostra come cambiare il nostro approccio alle situazioni possa davvero modificare la qualità della nostra esperienza in merito.

Una pratica di consapevolezza

Per questa ragione, alcune delle più grandi aziende al mondo hanno iniziato a investire sul benessere dei propri dipendenti, facendo loro seguire corsi di Mindfulness e notando un reale miglioramento nella prestazione lavorativa delle persone.

La Mindfulness, oltre a essere un metodo efficace (provato ormai da più di 5000 ricerche scientifiche), può diventare un vero e proprio stile di vita.

Vivere con consapevolezza può permetterti di affrontare le sfide che la vita ti riserva e renderti davvero capace di gestire stress, ansia e tensioni sul lavoro e nella vita.

Così è stato anche per me. Anche per questo ho deciso di formarmi per condividerlo con gli altri.

Se ti senti sommerso dal tuo lavoro, contattami. Insieme troveremo il modo di trasformare questo malessere in una reale occasione di crescita.

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Filed Under: Disturbi Psicologici Tagged With: Ansia, azienda, consapevolezza, Corso di Mindfulness, esercizi di consapevolezza, lavoro, Mindfulness, psicologo a Genova, psicologo a Torino, sintomi psicosomatici, Stress, stress lavoro-correlato, stress sul lavoro

Conoscersi attraverso l’altro

15 Agosto 2018 by Laura Calosso Leave a Comment

Conoscersi attraverso l’altro

Attraverso il contatto con l’altro
conosciamo noi stessi

Siamo tutti collegati. La nostra esperienza è inevitabilmente interconnessa con quella di altre persone come noi. I problemi, spesso, nascono nelle relazioni ed è proprio all’interno di queste che trovano la loro soluzione.”
Laura Calosso

Chi non ha mai provato un percorso di psicoterapia può essere inizialmente scettico sulla sua utilità: “Perché andare da uno psicoterapeuta?”. Per rispondere a questa domanda ho deciso di scrivere questo articolo e trattare quelli che sono i fondamenti del mio lavoro clinico e umano con le persone.

La cura del contatto

Il mio approccio affonda le sue radici nella Psicoterapia della Gestalt. Si tratta di un approccio interattivo, dove la consapevolezza passa attraverso il contatto con l’altro.
In che senso? Attraverso l’interazione e la relazione co-costruita con il terapeuta è possibile esplorare e osservare quell’insieme di meccanismi che si ripropongono nella vita della persona.

A partire dall’ascolto dei bisogni nel presente, si diventa consapevoli delle paure che governano le scelte (o non scelte) e si prende coscienza di eventuali blocchi emotivi alla base della sofferenza, per superarla.

L’approccio gestaltico fornisce un sostegno pratico per divenire consapevoli dei messaggi di sofferenza nascosti nei sintomi,
rendendo possibile il cambiamento della persona a partire dal proprio interno. 
Laura Calosso
Possiamo dire che questo approccio sia olistico ed esperienziale.
  • Olistico perchè integra al colloquio clinico tecniche di consapevolezza psico-corporea, oltre che all’osservazione del linguaggio non verbale (con rimando a voce, gesti, tensioni ed espressioni)
  • Esperienziale perchè si basa sull’esperienza della relazione nel qui e ora tra paziente e terapeuta.

Ascoltare i sintomi, per superarli

I sintomi sono il frutto di un adattamento che è stato utile in passato, ma che col cambiare delle circostanze di vita non è più funzionale, creando un disagio. Spesso tendiamo a trattarli come “altro da noi”, ma soltanto imparando ad accoglierli e comprenderli, è possibile creare le basi per lasciarli andare.

Alla base di questo processo c’è un’importante assunzione di responsabilità.

Se ti assumi la responsabilità di quello che stai facendo,
del modo in cui produci i tuoi sintomi,
del modo in cui produci la tua malattia,
del modo in cui produci la tua esistenza
– al momento stesso in cui entri in contatto con te stesso –
allora ha inizio la crescita, ha inizio l’integrazione”
Fritz Perls

Di seguito elencherò quelli che, a livello internazionale, sono riconosciuti come i fondamenti della Psicoterapia della Gestalt nella pratica clinica.

I fondamenti della Gestalt

  1. L’importanza di vivere nel qui e ora. L’unica vera realtà è il presente. Laura Perls (1992) affermava che «quanto esiste, esiste qui ed ora; il passato esiste ora come memoria, nostalgia, rimpianto, risentimento, fantasia, leggenda o storia. Il futuro esiste qui e ora nel presente attuale come anticipazione, pianificazione, saggio, aspettativa e speranza o timore o disperazione”.
    L’arte del qui e ora si sviluppa nella continua attenzione alla reale esperienza vissuta nel presente, in ogni istante dell’esistenza, favorita anche dalle pratiche di consapevolezza corporea ed emotiva.
  2. La consapevolezza di per sé può essere curativa. Con una piena consapevolezza si diventa responsabili dell’autoregolazione del proprio organismo. Inoltre, solo se prendiamo atto di una situazione possiamo modificarla.
  3. Il corpo come strumento privilegiato per divenire consapevoli delle proprie tensioni e dei propri blocchi emotivi. La Gestalt ha un approccio esperienziale in quanto invita la persona a sperimentare quanto più di sé stessa, diventando consapevole dei propri gesti, della respirazione, delle sensazioni corporee, delle emozioni, della voce e delle proprie espressioni facciali, nonché dei pensieri.
  4. La sofferenza e ogni sintomo psico-fisico sono un campanello d’allarme che contiene un messaggio per noi. L’organismo ci segnala che ha bisogno di cambiare perché non è più in equilibrio.
  5. L’unica costante dell’Universo è il cambiamento. L’uomo, per mantenere il benessere nel proprio ambiente esteriore ed interiore, adotta un processo permanente di adattamento creativo. Per processo s’intende un continuo adattamento (sempre diverso dal precedente) alle situazioni interne ed esterne che si presentano alla persona. Attraverso la capacità creativa di organizzarsi e riorganizzarsi in base alle diverse circostanze, l’uomo tende a ristabilire la propria integrità. La fondamentale spinta alla vita e alla salute ci permette, attraverso questa funzione, di ritrovare il benessere quando lo perdiamo.
  6. Siamo tutti connessi e in relazione con l’ambiente. Non si può curare una persona senza tenere conto dell’ambiente psicologico, fisico ed emotivo in cui vive. La Gestalt interviene sulle interruzioni del processo di autoregolazione al confine di contatto tra l’individuo e il suo ambiente.
  7. Il tutto è diverso dalla somma delle sue parti. La Gestalt sottolinea che per comprendere un comportamento è importante, oltre che analizzarlo, averne una visione di campo. Ovvero cercare di percepirlo nell’insieme del contesto complessivo (approccio olistico) di quell’individuo. L’approccio gestaltico considera importante l’intera esperienza di vita di una persona: fisica, psicologica, intellettuale, emotiva, relazionale e spirituale.
  8. L’importanza dell’autenticità per sentirsi liberi: se per proteggere la nostra immagine di fronte agli altri recitiamo continuamente dei ruoli (es. il bravo figlio, il buon marito, il bravo lavoratore ecc..), il messaggio implicito verso noi stessi è che non abbiamo il  diritto di esistere così come siamo. Ciò che la terapia della Gestalt tenta di fare è di portare l’uomo ad accettarsi per ciò che è e non per ciò che potrebbe o vorrebbe essere. Si propone di aiutare la persona facilitando l’attivazione delle sue risorse, senza imposizioni esterne. Se ci portiamo con autenticità nel mondo, scopriamo la possibilità realizzarci per ciò che realmente siamo.
  9. Ogni persona è esperta di sé stessa. In questo processo il professionista ha il compito di sostenere e aiutare la persona a trovare la propria strada. Questo concetto include anche l’idea che non vi sia una normalità o una via giusta da perseguire. La realizzazione personale è unica per ciascuno.
  10. Il processo di integrazione delle parti. Su questo punto si concentra una delle tecniche più conosciute della Gestalt: la sedia calda (o sedia vuota) che aiuta le persone ad integrare l’esperienza vissuta da parti di sé contrastanti, o a “mettersi nei panni” delle persone con cui sono in conflitto, così da riappropriarsi delle proprie proiezioni(quelle parti del nostro vissuto che proiettiamo sull’altro).

La consapevolezza di per sé può essere curativa.
Dato che con una piena consapevolezza si diventa autoconsapevoli
dell’autoregolazione dell’organismo,
si può lasciare che l’organismo prenda in mano la situazione senza interferire,
senza interrompere: della saggezza dell’organismo ci si può fidare.
Di contro a questo atteggiamento troviamo l’intera patologia
dell’automanipolazione, del controllo ambientale e via dicendo,
che interferisce con i sottili meccanismi dell’autoregolazione dell’organismo”
Fritz Perls

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Filed Under: Psicologia e Benessere Tagged With: adattamento creativo, ambiente, approccio olistico, autenticità, blocchi emotivi, cambiamento, citazioni Fritz Perls, citazioni Laura Perls, connessione, conoscersi attraverso l'esperienza, consapevolezza, contatto, creatività, fondamenti della gestalt, gestalt, gestalt therapy, integrazione, Laura Calosso Psicologa, libertà personale, metodo, Psicologia, psicologo genova, psicoterapia della gestalt, qui e ora, sintomi, studio di psicologia, vivere il presente

7 fondamenti della pratica Mindfulness

10 Giugno 2018 by Laura Calosso Leave a Comment

7 fondamenti della pratica Mindfulness

I 7 fondamenti Mindfulness
da portare nella propria quotidianità

Di seguito potrai leggere i principi fondamentali della Mindfulness che, attraverso la pratica, potranno svilupparsi ed estendersi alla tua vita quotidiana.

Se la meditazione deve funzionare, noi dobbiamo essere disposti a collaborare, ad affrontare quando occorre il buio e la disperazione, ripetutamente se necessario, senza sfuggirli o neutralizzandoli nei mille modi che sappiamo inventare per evitare l’inevitabile. (…)

Quando pratichiamo la meditazione, in realtà riconosciamo che in quel momento stiamo percorrendo il cammino della vita, in questo e in ogni momento che viviamo. E’ più corretto interpretare la meditazione come “modalità” che come tecnica. E’ un Modo di Essere, un Modo di Vivere, un Modo di Ascoltare, un Modo di Percorrere il cammino della vita, in armonia con le cose così come sono. Questo vuol dire ammettere in parte che a volte, spesso in momenti assai decisivi, non si ha veramente idea di dove si stia andando o persino di quale sia il cammino …”

J. Kabat-Zinn (Tratto dal libro : Dovunque tu vada ci sei già)

Non-giudizio

La mente formula giudizi in continuazione: “mi piace”, “ non mi piace”, “che noia..!”.
Questo fa parte della nostra esperienza e ci aiuta a dirigere le nostre scelte quotidiane. Talvolta però diventa ingombrante e si trasforma in una sorta di giudice interno che ci dice come noi stessi, gli altri o le situazioni “devono o non devono essere”. Durante la meditazione ci concediamo la possibilità di osservare i nostri giudizi senza reprimerli, ma senza la necessità di dover re-agire in base ad essi.

Pazienza 

La pazienza è una forma di saggezza.
Lasciamo che le cose possano accadere da sé, rispettando il loro tempo.
Meditare è come coltivare un fiore: ci occupiamo di creare le condizioni favorevoli alla crescita della pianta, ce ne prendiamo cura tutti i giorni e, praticando con pazienza, lasciamo che possa sbocciare quando giunge il momento.

Mente del Principiante

A volte diamo per scontato ci che è ordinario, vivendo come ovvio il quotidiano.
Così facendo, spesso, ci perdiamo la bellezza di godere delle piccole cose che ogni momento ci riserva. Meditando, coltiviamo una mente che possa riscoprire la meraviglia del “non sapere”, dei “dettagli” che passano in secondo piano durante le nostre giornate.
Hai mai notato i dettagli dei palazzi più vicini a casa tua? Sapresti descriverne la facciata, i dettagli dei balconi, i colori o il numero di piani?

Fiducia 

Un po’ alla volta scopriamo che il maestro è già qui, dentro di noi.
Aprendoci con fiducia all’esperienza impariamo a creare spazio affinché le nostre qualità possano esprimersi.

Non-Sforzo

Se quando pratichiamo ci sforziamo di trarne qualcosa al nostro servizio, stiamo coltivando quello che facciamo sempre: combattere con la realtà per piegarla al nostro volere.
Il risultato è spesso un tentativo forzato di cambiamento che non ne rispetta i tempi. Proviamo a lasciare andare questa nostra tensione di fondo, questa ricerca affannosa.
Il cambiamento arriva proprio quando ci consentiamo di non cercarlo.

Accettazione

Accettare le cose così come sono significa smettere di affannarsi contro di esse.
Non si tratta di diventare passivi nei confronti dell’esperienza, quanto di permettersi di osservarla per come si presenta con maggiore chiarezza, anche nella sua imperfezione, per orientare con saggezza le nostre intenzioni future.
In questo modo non scappiamo dalla realtà, ma ci permettiamo di viverla con consapevolezza.

Lasciare andare 

Notiamo che spesso siamo travolti da una cascata di pensieri, emozioni e sensazioni del quale vorremmo disfarci quando non ci piacciono o cercare di trattenere il più possibile quando ci danno piacere.L’uomo, per natura, ha la tendenza a restare sotto il flusso costante della cascata di pensieri, emozioni e sensazioni che lo travolgono. Una meditazione rivolta all’osservazione di ciò che mi attraversa nel qui ed ora, permette di fare un passo indietro e di osservare ciò che mi sta accadendo senza subirne il colpo. Durante la pratica meditativa compiamo l’atto intenzionale di fare un passo indietro e osservare questo flusso scorrere di fronte a noi, come si guarda scorrere il getto di una cascata, come si osservano le immagini di un film proiettate al cinema. Lasciare andare significa lasciare essere.

L’insegnamento della pratica Mindfulness

La pratica Mindfulness mi ha insegnato che la percezione di ogni cosa si modifica se vissuta con piena consapevolezza: dal gusto di un chicco di uvetta al sorriso di un passante. Meditare è una palestra di vita, ci insegna a vivere a pieno e a guardarci dentro sospendendo il giudizio.

Per approfondimenti sul corso di Mindfulness visita la pagina dedicata al corso.

Filed Under: Psicologia e Benessere Tagged With: accettazione, Ansia e Stress, consapevolezza, Corso di Mindfulness, Dovunque tu vada ci sei già, fiducia, J. Kabat-Zinn, lasciare andare, Meditazione, mente del principiante, Mindfulness, non giudizio, non sforzo, pazienza, pazienza è saggezza, vivere con consapevolezza

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Dott.ssa Laura Calosso
Psicologa e Psicoterapeuta
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