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Dott.ssa Laura Calosso | Psicologia Creativa

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Ansia e Stress

lasciare andare ansia e stress

25 Novembre 2019 by Laura Calosso Leave a Comment

lasciare andare ansia e stress

“Il primo passo non ti porta dove vuoi, ma ti toglie da dove sei”

L’ansia è un fenomeno complesso e universale di cui tutti facciamo esperienza e svolge una importante funzione adattiva.

Sei spesso ansioso o stressato?

Il primo passo è l’accettazione di ciò che stiamo vivendo, che non significa rinuncia passiva al cambiamento ma esplorazione e conoscenza dei propri limiti. 

L’unico problema con le emozioni meno piacevoli come l’ansia, la paura e la tristezza è che vuoi sbarazzartene, senza comprendere che sono benedizioni sotto mentite spoglie, indice della presenza di un campanello d’allarme per qualcosa che non va e che sarebbe bene cambiare.

Non riesci a lasciare andare pensieri ansiosi o stressanti?
Il tuo corpo ti invia segnali d’allarme che non riesci a controllare?

Imparando a conoscere e gestire le tue emozioni nel corpo, anche attraverso esercizi mirati, potrai diventare alleato dell’ansia, senza che ti impedisca di vivere serenamente!

Lao Tzu, fondatore del Taoismo diceva: se vuoi liberarti di qualcosa devi prima lasciare che si espanda. Così, se vuoi liberarti dall’ansia, devi lasciare che prosperi dentro di te, senza combatterla, senza fuggire da essa, basta prenderne consapevolezza. Solo allora inizia la trasformazione.

Clicca qui e ricevi subito la mia traccia audioguidata di rilassamento via email 

Ecco 7 suggerimenti per lasciare andare ansia e stress

Il segreto per convivere con stress e ansia risiede nella pazienza e nel coltivare la presenza mentale. Ecco alcuni punti importanti per iniziare a coltivare uno stato d’animo positivo anche nei momenti d’ansia e stress:

1. Concentrati sul respiro

Se la nostra vita è troppo frenetica possiamo comunque ricordarci di respirare profondamente portando la nostra attenzione all’addome, oltre che sul petto. In questo modo praticheremo una respirazione più completa che svolgerà una funzione rilassante e distensiva.

Se non hai mai fatto questo genere di esercizi può aiutarti ripetere mentalmente una frase come “Inspiro calma ed espiro tutti i pensieri”.

Trova il tempo di allenare la respirazione, i benefici sono innumerevoli:

  • maggiore equilibrio emotivo
  • maggiore ossigenazione del cervello e rallentamento del battito cardiaco
  • migliore gestione di stress e ansia
  • maggiore consapevolezza posturale
  • miglioramento delle relazioni interpersonali
  • più sicurezza e lucidità nel prendere decisioni
  • aumento del flusso di energia vitale

2. Presta la più completa attenzione a ciò che stai facendo

Lasciamo che le semplici attività quotidiane diventino una sorta di meditazione, svolgiamole con totalità, come fossero la cosa più importante da fare in quel momento.

Cerchiamo di fare solo una cosa alla volta. Impariamo a prestare la massima attenzione a ciò che accade momento dopo momento, lasciando che sia così com’è, vivendolo in tutta la sua interezza.

Cerchiamo di far nostro un semplice esercizio: ogni volta che ci rendiamo conto che la nostra mente è altrove rispetto a ciò che stiamo facendo, richiamiamoci al presente e congratuliamoci con noi stessi per essercene accorti.

3. Trova del tempo per te e per fare le cose che ami

Se la tua vita ultimamente si è ridotta alla soddisfazione dei bisogni primari tuoi, e magari anche della tua famiglia, dedica del momento interamente a te. Potresti avere una passione rimasta nel cassetto alla quale ti piacerebbe dedicare più energie. Ecco, potresti iniziare proprio da quella per coltivare dei momenti di qualità insieme a te stesso. Se pensi che la buona volontà non basti, inizia a scrivere il tuo nome in agenda, programmando questi momenti. Vedrai, sarà rivoluzionario!

4. Non giudicarti

Continuare a darti addosso con pensieri negativi non ti servirà a nulla. Piuttosto quando ti accorgi che stai nuovamente “cadendo” in un circolo vizioso di pensieri stressanti, congratulati con te stesso per essertene accorto e riporta l’attenzione su ciò che stavi facendo. Le parole che ci diciamo sono importanti, il nostro corpo le assorbe come una spugna e il rischio è quello di sviluppare disturbi psicosomatici (cefalee, gastriti ecc…) .

5. Utilizza le tue stesse parole per rilassarti

In qualsiasi momento della tua giornata puoi provare a ripeterti mentalmente alcune frasi che non contengano negazioni (è stato provato che il nostro cervello non le “legge”), che siano al presente e che contengano l’affermazione di ciò che desideri. Ad esempio puoi ripeterti “io sono rilassato” fintanto che non riesci a percepire questa sensazione nel corpo (ad esempio percependoti più tranquillo di quando hai iniziato l’esercizio). Un suggerimento: sii paziente, è possibile che all’inizio tu non creda alle tue parole, per cui non demordere! Ricorda che non si raggiunge il decimo piano, senza prima aver salito ogni piccolo gradino.

6. Ascolta il tuo corpo

Imparare ad ascoltare le sensazioni che accompagnano un gesto spontaneo e naturale come il respiro, apre un canale di comunicazione profonda con i movimenti di vita essenziali del tuo corpo.

Quando siamo in autobus, quando facciamo una passeggiata prestiamo attenzione alle nostre sensazioni corporee, al respiro, ai suoni intorno a noi, alle piante dei piedi che toccano il suolo. Sembrano banali esercizi, ma se praticati con costanza hanno un grande potere trasformativo. Basta provare. Prendi coraggio!

Se fai attività sportiva o palestra, la prossima volta prova a restare in ascolto delle sensazioni fisiche che provi durante l’esercizio fisico. Nota come cambia l’esperienza portando l’attenzione ad esempio esclusivamente ai tuoi piedi o alle tue mani.

Puoi provare inizialmente da seduto portando le  mani posate sulle gambe e restando in ascolto delle sensazioni di contatto tra le mani e le gambe (temperatura, contatto ed eventuali formicolii o vibrazioni)

7. Apprendi una pratica meditativa

La meditazione è l’arte della presenza del vivere. Nei miei percorsi, ancora prima di insegnarti a ritagliare dello spazio per meditare, ti insegno a rendere le tue attività quotidiane momenti di vera e propria meditazione.

Scopri il mio percorso di 10 settimane IO Medito

Come funzionano ansia e stress?

Quando ci troviamo di fronte ad una minaccia fisica o psicologica, il nostro organismo mette in funzione una reazione di allarme che ci prepara a combattere o a fuggire: si attivano, quindi, tutte quelle funzioni neurovegetative come l’aumento della frequenza respiratoria e cardiaca, sudorazione, tensione muscolare e un conseguente maggiore afflusso di sangue ai muscoli. Improvvisamente diventiamo molto svegli e attenti, le percezioni sensoriali si acuiscono, il sistema digestivo si arresta. Viene inoltre stimolata la ghiandola pituitaria che è responsabile della secrezione di altri ormoni della corteccia surrenale; ci troviamo di fronte ad una reazione di stress, funzionale alla nostra sopravvivenza.

Il problema sorge quando non siamo in grado di servirci in modo costruttivo e adattivo di questi meccanismi. La sovreccitazione dovuta alla reazione allo stress può diventare uno stile di vita, una reazione abituale ad una situazione stressante.
Non è raro, infatti, che molti individui si sentano costantemente tesi, soffrano di aritmie cardiache e siano vittime di tensioni croniche che coinvolgono i muscoli delle spalle, la mandibola, la faccia.
Lo stress potrebbe diventare cronico e portare a gravi conseguenze per la nostra salute fisica e psicologica.

Contattami

Prenota il tuo primo appuntamento: troveremo insieme le strategie più adatte a te per affrontare i momenti di stress, ansia e tensione che stai vivendo.

  • Scopri di più sul mio percorso IO Medito
  • Scopri di più sul mio percorso Elevate Your Energy

Se sei depresso stai vivendo nel passato,
se sei ansioso, stai vivendo nel futuro,
se sei in pace, stai vivendo nel presente

Lao Tzu

Bibliografia

Dennis Lewis (1999) Respirazione naturale Tecniche Nuove.
Kabat-Zinn, J., (1993) Vivere Momento per Momento; Tea Edizioni.
Kabat-Zinn, J., (2011). Dovunque tu vada ci sei già, in cammino verso la consapevolezza; Tea Edizioni.
Lao Tzu (a cura di Browne Walker B., 2009). Tao Te Ching; Oscar Mondadori

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Filed Under: Psicologia e Benessere Tagged With: Ansia, Ansia e Stress, attacchi di panico, Corso di Meditazione Mindfulness, Corso di Training Autogeno, depressione, Disturbi d'Ansia, esercizi antistress, esercizi di respirazione, Liberarsi dell'ansia e delle preoccupazioni, Meditazione, Mindfulness, Pratiche olistiche, Psicologia, psicologo a Genova, psicologo a Torino, Psicosomatica, respirazione diaframmatica, Star bene naturalmente, Stress, Vivere Momento per Momento

7 fondamenti della pratica Mindfulness

10 Giugno 2018 by Laura Calosso Leave a Comment

7 fondamenti della pratica Mindfulness

I 7 fondamenti Mindfulness
da portare nella propria quotidianità

Di seguito potrai leggere i principi fondamentali della Mindfulness che, attraverso la pratica, potranno svilupparsi ed estendersi alla tua vita quotidiana.

Se la meditazione deve funzionare, noi dobbiamo essere disposti a collaborare, ad affrontare quando occorre il buio e la disperazione, ripetutamente se necessario, senza sfuggirli o neutralizzandoli nei mille modi che sappiamo inventare per evitare l’inevitabile. (…)

Quando pratichiamo la meditazione, in realtà riconosciamo che in quel momento stiamo percorrendo il cammino della vita, in questo e in ogni momento che viviamo. E’ più corretto interpretare la meditazione come “modalità” che come tecnica. E’ un Modo di Essere, un Modo di Vivere, un Modo di Ascoltare, un Modo di Percorrere il cammino della vita, in armonia con le cose così come sono. Questo vuol dire ammettere in parte che a volte, spesso in momenti assai decisivi, non si ha veramente idea di dove si stia andando o persino di quale sia il cammino …”

J. Kabat-Zinn (Tratto dal libro : Dovunque tu vada ci sei già)

Non-giudizio

La mente formula giudizi in continuazione: “mi piace”, “ non mi piace”, “che noia..!”.
Questo fa parte della nostra esperienza e ci aiuta a dirigere le nostre scelte quotidiane. Talvolta però diventa ingombrante e si trasforma in una sorta di giudice interno che ci dice come noi stessi, gli altri o le situazioni “devono o non devono essere”. Durante la meditazione ci concediamo la possibilità di osservare i nostri giudizi senza reprimerli, ma senza la necessità di dover re-agire in base ad essi.

Pazienza 

La pazienza è una forma di saggezza.
Lasciamo che le cose possano accadere da sé, rispettando il loro tempo.
Meditare è come coltivare un fiore: ci occupiamo di creare le condizioni favorevoli alla crescita della pianta, ce ne prendiamo cura tutti i giorni e, praticando con pazienza, lasciamo che possa sbocciare quando giunge il momento.

Mente del Principiante

A volte diamo per scontato ci che è ordinario, vivendo come ovvio il quotidiano.
Così facendo, spesso, ci perdiamo la bellezza di godere delle piccole cose che ogni momento ci riserva. Meditando, coltiviamo una mente che possa riscoprire la meraviglia del “non sapere”, dei “dettagli” che passano in secondo piano durante le nostre giornate.
Hai mai notato i dettagli dei palazzi più vicini a casa tua? Sapresti descriverne la facciata, i dettagli dei balconi, i colori o il numero di piani?

Fiducia 

Un po’ alla volta scopriamo che il maestro è già qui, dentro di noi.
Aprendoci con fiducia all’esperienza impariamo a creare spazio affinché le nostre qualità possano esprimersi.

Non-Sforzo

Se quando pratichiamo ci sforziamo di trarne qualcosa al nostro servizio, stiamo coltivando quello che facciamo sempre: combattere con la realtà per piegarla al nostro volere.
Il risultato è spesso un tentativo forzato di cambiamento che non ne rispetta i tempi. Proviamo a lasciare andare questa nostra tensione di fondo, questa ricerca affannosa.
Il cambiamento arriva proprio quando ci consentiamo di non cercarlo.

Accettazione

Accettare le cose così come sono significa smettere di affannarsi contro di esse.
Non si tratta di diventare passivi nei confronti dell’esperienza, quanto di permettersi di osservarla per come si presenta con maggiore chiarezza, anche nella sua imperfezione, per orientare con saggezza le nostre intenzioni future.
In questo modo non scappiamo dalla realtà, ma ci permettiamo di viverla con consapevolezza.

Lasciare andare 

Notiamo che spesso siamo travolti da una cascata di pensieri, emozioni e sensazioni del quale vorremmo disfarci quando non ci piacciono o cercare di trattenere il più possibile quando ci danno piacere.L’uomo, per natura, ha la tendenza a restare sotto il flusso costante della cascata di pensieri, emozioni e sensazioni che lo travolgono. Una meditazione rivolta all’osservazione di ciò che mi attraversa nel qui ed ora, permette di fare un passo indietro e di osservare ciò che mi sta accadendo senza subirne il colpo. Durante la pratica meditativa compiamo l’atto intenzionale di fare un passo indietro e osservare questo flusso scorrere di fronte a noi, come si guarda scorrere il getto di una cascata, come si osservano le immagini di un film proiettate al cinema. Lasciare andare significa lasciare essere.

L’insegnamento della pratica Mindfulness

La pratica Mindfulness mi ha insegnato che la percezione di ogni cosa si modifica se vissuta con piena consapevolezza: dal gusto di un chicco di uvetta al sorriso di un passante. Meditare è una palestra di vita, ci insegna a vivere a pieno e a guardarci dentro sospendendo il giudizio.

Per approfondimenti sul corso di Mindfulness visita la pagina dedicata al corso.

Filed Under: Psicologia e Benessere Tagged With: accettazione, Ansia e Stress, consapevolezza, Corso di Mindfulness, Dovunque tu vada ci sei già, fiducia, J. Kabat-Zinn, lasciare andare, Meditazione, mente del principiante, Mindfulness, non giudizio, non sforzo, pazienza, pazienza è saggezza, vivere con consapevolezza

Ansia e fobie

23 Marzo 2018 by Laura Calosso Leave a Comment

Ansia e fobie

L’ansia è una condizione umana.

Prima di inoltrarti nella descrizione dei principali disturbi d’ansia ti invito a riflettere sul fatto che tutti noi possiamo riconoscerci in alcuni dei tratti descritti di seguito, senza soffrire di un vero e proprio disturbo.

Un moderato livello d’ansia può dimostrarsi vantaggioso per la nostra riuscita personale e professionale.

Il problema sorge quando la nostra vita ne risulta sopraffatta,
limitandoci ai margini della nostra esistenza.

Se stai iniziando a limitare la tua vita per evitare le situazioni che ti suscitano ansia e/o stress, sappi che esistono diversi metodi e tecniche specifiche per affrontare e trattarla.

Non cadere nella tentazione di dare un’etichetta al problema che ti riguarda e chiuderti alla possibilità di uscirne. Inizia piuttosto a renderti consapevole del fatto che, come è successo a te, anche altre persone ne hanno sofferto e ne sono uscite.

La buona notizia è che puoi reagire a ciò che ti sta accadendo (o aiutare la persona a te casa alla quale sta succedendo).

Il coraggio non è assenza di paura, ma non è altro che paura sostenuta dal respiro

Senti il bisogno di un sostegno per gestire l’ansia? Contattami per un primo appuntamento

I principali disturbi d’ansia sono

Fobia specifica

Una fobia specifica si caratterizza come un vissuto di paura e/o ansia eccessive e marcate verso un oggetto o una situazione particolare. 

Tra le fobie più diffuse vi sono quelle per: animali (ragni, insetti, cani, ecc..); ambienti naturali (altezze, temporali, acqua, ecc..); sangue e ferite (aghi, trattamenti medici invasivi, ecc..); spazi chiusi (aeroplani, ascensori, trasporti e luoghi senza via di fuga immediata, ecc..).

Disturbo d’ansia sociale (fobia sociale)

La fobia sociale è caratterizzata da una marcata o intensa paura e/o ansia relativa alle situazioni sociali, in cui l’individuo può essere esaminato dagli altri o teme di essere giudicato negativamente. Le persone che soffrono di questo disturbo tendono a ritirarsi ed evitare le interazioni con gli altri (ad esempio evitano di mostrarsi, parlare o esibirsi in pubblico, partecipare ad eventi collettivi, ecc..)

Attacchi di panico

Gli attacchi di panico possono originarsi sia in seguito a eventi attesi e/o temuti, sia senza che vi sia un elemento scatenante chiaro. L’attacco di panico si avverte con la comparsa di paura o disagio improvvisi e intensi, in cui si verificano quattro (o più) dei seguenti sintomi:

  1. Palpitazioni o tachicardia
  2. Sudorazione intensa
  3. Tremori
  4. Dispnea o sensazione di soffocamento
  5. Sensazione di asfissia
  6. Dolore o fastidio al petto
  7. Nausea o disturbi addominali
  8. Sensazioni di vertigine o di svenimento
  9. Brividi o vampate di calore
  10. Parestesie (torpore o formicolio)
  11. Derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (sentirsi distaccati da sé stessi)
  12. Paura di perdere il controllo
  13. Paura di morire

Una persona che manifesta frequenti attacchi di panico inaspettati (per cui non sembra esserci un chiaro elemento scatenante) può sviluppare quello che viene definito disturbo di panico.

Agorafobia

Si definisce agorafobia una marcata paura o ansia relativa a due (o più) delle seguenti situazioni:

  1. Utilizzo dei trasporti pubblici (autobus, treni, metro, ecc..)
  2. Trovarsi in spazi aperti (parcheggi, mercati, ponti, ecc..)
  3. Trovarsi in spazi chiusi (teatri, negozi, cinema ecc..)
  4. Stare in fila oppure tra la folla
  5. Essere fuori casa da soli

La persona tende ad evitare queste situazioni perché teme che possa avvenire qualcosa di terribile, che sia difficile fuggire oppure che potrebbe non essere disponibile il soccorso nel caso in cui dovessero sentirsi male. Le situazioni quindi vengono evitate o richiedono la presenza di un accompagnatore, o vengono sopportate con paura e/o ansia intense. L’evitamento può diventare talmente grave che la persona si ritrova costretta in casa.

Per approfondire il tema potrebbe interessarti anche l’articolo riguardante come lasciare andare ansia e stress.

Ti capita di vivere sintomi come quelli descritti ? Contattami per un primo appuntamento

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Training Autogeno per Sportivi

13 Agosto 2017 by Laura Calosso Leave a Comment

Training Autogeno per Sportivi

La competizione è dentro

Chiunque sia vicino al mondo dello sport, per professione ma anche per diletto, sa bene che la gara, il match o la partita sono prima di tutto una competizione con sé stessi.
La più grande sfida per lo sportivo è confrontarsi con i primi limiti, fisici ma soprattutto mentali.

La volontà, la perseveranza, la resilienza e le capacità di controllare le proprie emozioni sono parte integrante della riuscita nel mondo dello sport, sia agonistico che amatoriale.

La pratica del Training Autogeno si è rivelata un aiuto eccellente per sostenere la prestazione psicofisica e per aiutare lo sportivo a sviluppare fiducia in sé stesso, migliorando tanto la performance esterna quanto il vissuto interiore associato ad essa.

Il TA Sport Program

Noi di SomaticaMente abbiamo messo a punto uno strumento rivolto specificatamente al mondo degli sportivi, denominato TA Sport Program.

Il TA Sport Program è una pratica di “allenamento mentale” rivolta a chi pratica qualsiasi sport, di squadra o individuale.
Esso si serve di una serie di psicotecniche, volte al raggiungimento di un maggiore stato di rilassamento e concentrazione nel periodo prima, durante e post attività sportiva.
In particolare abbiamo messo a punto un corso che comprende il training autogeno del protocollo di Schultz, il PMR o rilassamento muscolare progressivo di Jacobson, una selezione delle più efficaci tecniche di imagery (visualizzazione) e di meditazione.

Raggiungi i tuoi obiettivi in 8 settimane


Il TA Sport Program
è una straordinaria opportunità per tutti gli sportivi che vogliano migliorare le proprie prestazioni.

È un metodo semplice, efficace e adatto a tutti. Non presenta controindicazioni e può essere impiegato in qualsiasi fase della pratica sportiva:

  1. nella fase preparatoria volta a fissare gli obiettivi da raggiungere;
  2. nella fase di allenamento per aumentare la resistenza e la concentrazione durante l’apprendimento della tecnica;
  3. durante la performance in gara, per ridurre l’ansia da prestazione;
  4. nel periodo post-gara, per velocizzare il recupero.

Vinci l’ansia da prestazione

Il TA Sport Program si serve di tecniche psicologiche scientificamente validate per permettere il raggiungimento di uno status pscofisiologico caratterizzato da una riduzione del livello di attivazione complessivo dell’organismo, a cui corrisponde un vissuto di calma e tranquillità in relazione alla prestazione sportiva, con una conseguente riduzione dei livelli di ansia e tensione associati.

Parallelamente, tali tecniche, consentono di sviluppare uno stato di consapevolezza e presenza mentale che facilita lo svolgimento di attività ad alte prestazioni, ossia tutte quelle attività che richiedono un elevato livello di attenzione, focalizzazione e capacità di problem solving in tempi molto rapidi.

Supera i tuoi limiti con la presenza mentale

Studi sperimentali hanno dimostrato l’efficacia di tali tecniche di mental training rivolte al mondo degli sportivi, sia per effetto diretto delle tecniche autogene sulla prestazione fisica, sia in relazione al miglioramento delle capacità cognitive associate alle aree visuospaziali e motorie.

Studi scientifici mostrano i benefici associati alle tecniche di mental training.
In particolare si sono evidenziate efficaci per i seguenti ambiti:

  • porsi obiettivi e rimanervi aderenti
  • superare l’ansia pre-gara
  • migliorare la concentrazione
  • ridurre la frequenza respiratoria
  • migliorare la qualità del sonno
  • velocizzare il recupero post-gara
  • diminuire i rischi di traumi
  • migliorare l’efficienza psico-fisica
  • affinare le capacità intuitive e di problem solving
  • sviluppare resistenza e resilienza

Aumenta la resistenza e la velocità di recupero

I risultati suggeriscono l’utilità delle tecniche autogene nello sport, sia durante la performance che durante il recupero post-gara.

Un studio sperimentale svolto da Solberg e collaboratori (2000), è stato rivolto all’analisi del recupero post-gara nei runners. Il trial prevedeva che gli atleti prendessero parte per 6 mesi ad un corso di rilassamento basato sulle tecniche di meditazione e di training autogeno. Alla fine del percorso gli atleti mostravano una maggiore capacità di recupero, valutabile fisiologicamente nella significativa riduzione della percentuale di lattato nel sangue.

Mikicin e collaboratori (2015) effettuarono uno studio su un gruppo di atleti misti, praticanti vari tipi di sport, ai quali veniva indotto uno stato di rilassamento profondo per mezzo del training autogeno supportato da strumenti audiovisivi.

I soggetti che avevano praticato training autogeno dopo 7 mesi mostravano all’elettroencefalogramma cambiamenti significativi relativamente all’ampiezza delle onde alfa a riposo unitamente ad un notevole miglioramento in quasi tutti i componenti del test di Kraepelin (volto a indagare la capacità di attenzione e presenza a sé stessi).

Tali risultati inoltre, venivano mantenuti anche nel periodo successivo, benché l’intervento fosse stato sospeso. Tale studio sperimentale ha mostrato come la combinazione del rilassamento audio-video al training autogeno migliorava sensibilmente la capacità degli atleti di sostenere uno sforzo mentale prolungato.

Il training Autogeno in squadra

L’efficacia delle tecniche di mental training si rileva anche nel miglioramento del tono dell’umore e dello stato d’animo correlato alla pratica. Uno studio (Hashim and Hanafi, 2011), effettuato su giovani giocatori di calcio, a questo proposito ha comparato gli effetti del PMR o rilassamento muscolare progressivo e del training autogeno.
I test post intervento hanno rilevato una riduzione significativa relativamente ai seguenti parametri: confusione, depressione, fatica e tensione.

Inoltre si è evidenziato un aumento dell’attenzione focalizzata e un conseguente miglioramento del gioco di squadra.

Si può dunque affermare come queste tecniche di rilassamento e mental training possano venire efficacemente utilizzate per regolare lo stato d’animo degli sportivi, non solo per atleti individuali ma anche nell’ambito dei giochi di squadra.

Leggi la testimonianza di due atleti formati da noi

Umberto Serra (classe 1998), verticalista e scialpinista, record al Vertical di Usseglio del 2016, pratica training autogeno da due anni e ci racconta la sua esperienza:

Ho iniziato con il training autogeno partecipando per curiosità ad un corso estivo indetto dalla mia squadra. Mi aspettavo di riuscire a gestire meglio lo stress pre-gara, che mi dava problemi di sonno soprattutto il giorno prima dell’evento, con un impatto non da poco sulla mia performance in gara rispetto all’allenamento. Con mia grande sorpresa i benefici del training si sono estesi ben oltre: non si tratta solo di come gestisco lo stress, ma anche e soprattutto di come vivo la mia competizione. Per me non è più questione di resistere, ma di riuscire a godersi il momento! Adesso non posso più farne a meno e lo utilizzo per rimanere focalizzato e motivato a continuare anche quando la fatica rischia di diventare l’unica voce che senti. 

Giordano Massimi (classe 1989), campione europeo di Pentathlon:

Ogni volta che dovevo affrontare una gara importante l’ansia si impadroniva di me, limitando le mie prestazioni. Per ovviare al problema mi hanno consigliato un metodo davvero efficace per ridurre l’ansia e incrementare le prestazioni: il training autogeno. Ho iniziato quasi per gioco e non ho più smesso. Credo che la pratica costante, in alcune occasioni, abbia fatto la differenza tra la vittoria e la sconfitta”.

I nostri corsi individuali e di gruppo:

I nostri corsi individuali e di gruppo consistono di 8 incontri da 1 ora ciascuno.

  • Se sei un’atleta e sei curioso, contattami per una prova gratuita.
    Il costo intero del corso individuale è di 320 euro per 8 incontri. Se sei iscritto ad un’associazione sportiva agonistica potrai usufruire di uno sconto di 30 euro.
    Il corso in gruppo (minimo 4 persone) ha un prezzo di 250 euro.
  • Se sei un allenatore o fai parte di una società sportiva, contattami per organizzare un incontro intensivo o un corso su misura per i tuoi atleti. Contattami per un preventivo su Genova o Torino.

Contattami per saperne di più

Contattami :
Email lc.calosso@gmail.com
Tel. +39 331.9906917

A Cura di:

Laura Calosso – Psicologa, Trainer di Mindfulness e Training Autogeno.

Maria Elena Marchionatti – Naturopata, Laureata in Psicologia, Trainer di Pilates e Training Autogeno.

 

Bibliografia

Blumenstein B, Bar-Eli M, Tenenbaum G.,The augmenting role of biofeedback: effects of autogenic, imagery and music training on physiological indices and athletic performance. J Sports Sci. 1995 Aug;13(4):343-54.

Mikicin M., Kowalczyk M., Audio-Visual and Autogenic Relaxation Alter Amplitude of Alpha EEG Band, Causing Improvements in Mental Work Performance, in Athletes. Appl Psychophysiol Biofeedback. 2015 Sep;40(3):219-27

Hashim HA, Hanafi Ahmad Yusof H., The effects of progressive muscle relaxation and autogenic relaxation on young soccer players’ mood states. Asian J Sports Med. 2011 Jun;2(2):99-105.

Groslambert A, Candau R, Grappe F, Dugué B, Rouillon JD., Effects of autogenic and imagery training on the shooting performance in biathlon. Res Q Exerc Sport. 2003 Sep;74(3):337-41

Solberg EE, Ingjer F, Holen A, Sundgot-Borgen J, Nilsson S, Holme I., Stress reactivity to and recovery from a standardised exercise bout: a study of 31 runners practising relaxation techniques. Br J Sports Med. 2000 Aug;34(4):268-72.

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Mindfulness

20 Dicembre 2016 by Laura Calosso 1 Comment

Mindfulness

Meditazione Mindfulness

Vivere il presente con consapevolezza

Consapevolezza è accettazione cosciente ed equilibrata dell’esperienza presente.
Non è più complicato di così.
È un aprirsi al momento presente per riceverlo, piacevole o spiacevole che sia, così com’è, senza afferrarlo per prenderlo,
senza respingerlo per rifiutarlo”
Sylvia Boorstein

Quante volte camminando nel tragitto da casa al lavoro non prestiamo attenzione alla strada che percorriamo? Arriviamo a destinazione persi in ricordi del passato, o in pensieri legati ad aspettative e preoccupazioni verso il futuro quali: “più tardi devo ricordarmi di fare questo” – “riuscirò nel mio obiettivo?” o “avrò fatto male a fare quello?”.
Nella vita quotidiana spesso ci accade di inserire il pilota automatico, rivolgendo l’attenzione a qualcosa di diverso rispetto a quello che stiamo facendo, rischiando di perderci il valore del momento. Possiamo vivere anni in uno stato di torpore senza neanche accorgercene, vittime di comportamenti automatici e ripetitivi. Siamo continuamente di corsa,  corriamo a destra e sinistra, fuori e dentro di noi, trasportati da pensieri rispetto a qualcosa che non esiste più o preoccupazioni su eventi non ancora realizzati.

Viviamo in una realtà così frenetica da perderci spesso l’unica vera realtà esistente: il presente, ma se ci fermassimo un istante ad osservare ciò che ci circonda mentre andiamo a casa o al lavoro? e se assaporassimo il primo boccone del nostro pasto con attenzione? se ci fermassimo ad ascoltare il nostro respiro quando ci sentiamo in dubbio su una scelta.. domandiamoci cosa cambierebbe? 

L’insegnamento della pratica Mindfulness

Ciò che mi ha insegnato la Meditazione Mindfulness che la percezione di ogni cosa si modifica se vissuta con consapevolezza: dal gusto di un chicco di uvetta al sorriso di un passante. Meditare è una palestra di vita, ci insegna a vivere con consapevolezza e a guardarci dentro sospendendo il giudizio.

In cosa consiste meditare?

Molte persone si chiedono in cosa consista meditare.
La prima cosa da chiarire a riguardo è l’esistenza di una pratica informale, infatti si può meditare facendo qualsiasi cosa: lavandosi i denti, mangiando, camminando, respirando, pensando.
Sì, ognuna di queste quotidiane azioni può essere fatta con consapevolezza e diventare una pratica meditativa.

Parte fondamentale della pratica consiste nel non lasciarsi travolgere dal continuo flusso di pensieri che spesso ci assale, ma riconoscerne la natura transitoria e osservarli passare, come osserviamo le gocce di pioggia quando piove.

Tutto fa esattamente la stessa cosa: sorge e poi passa.
Come un temporale estivo, sorge e passa.
Consapevoli di questo, possiamo riconoscere l’essenza stessa della vita:
la trasformazione”
Laura Calosso

Osservazione e sospensione del giudizio

L’uomo, per natura, ha la tendenza a restare sotto il flusso costante della cascata di pensieri, emozioni e sensazioni che lo travolgono. Una meditazione rivolta all’osservazione di ciò che mi attraversa nel qui ed ora, permette di fare un passo indietro e di osservare ciò che mi sta accadendo senza subirne il colpo.

Studi internazionali hanno dimostrato scientificamente i benefici che si raggiungono attraverso questa pratica meditativa. Essa permette di osservare le proprie sensazioni fisiche, le emozioni e i pensieri così come si presentano. La pratica consente di esercitare una qualità molto importante: l’osservazione. Osservare il modo in cui pensiamo, sentiamo e ci rapportiamo agli stimoli, ci invita a intraprendere un percorso teso a riconnetterci con il nostro essere più autentico.

Assumendo un atteggiamento non giudicante rispetto ai propri pensieri, anche quando insistenti e ricorrenti, diveniamo consapevoli di ciò che ci accade nel qui e ora, permettendoci di esplorare livelli più profondi di noi stessi. È stato dimostrato che la praticare la consapevolezza e portare attenzione al momento presente allena un’altra qualità profondamente positiva: la compassione.

Compassione e umanità

Nel suo libro The essence of the heart Sutra, his holiness il Dalai Lama scriveva:

La compassione è uno stato della mente che vorrebbe che gli altri fossero liberi dalla sofferenza. Non è passiva, non è solo empatia, ma piuttosto un altruismo empatico che attivamente lotta per liberare gli altri dalla sofferenza. La compassione genuina deve avere sia saggezza che amore e rispetto.

Ma allora perché essere compassionevoli e non giudicanti nei confronti di sé stessi e degli altri è così difficile?
Siamo cresciuti con l’idea che le difficoltà vadano affrontate e sopportate senza lamentarci. Non siamo abituati a trattarci con gentilezza, a guardare con atteggiamento non giudicante i nostri limiti e le nostre debolezze, in modo da comprenderle nel più largo contesto dell’esperienza umana.

Provare compassione nei confronti di sé stessi è importante per indirizzarla verso il prossimo. Un dialogo interiore aspro o severo porta facilmente al giudizio e alla mancanza di compassione anche verso l’altro. Essere un po’ più morbidi, gentili e delicati verso sé stessi guardando agli insuccessi, alle imperfezioni e alle debolezze come a qualcosa che rientra nella sfera dell’umana fallibilità, può regalarci una grande pace interiore.

Catturati dalla frenesia del mondo che ci circonda, temiamo che la meditazione come l’autocompassione siano sinonimo di indulgenza o passività, pensando che un atteggiamento di continua autocritica possa spingerci al miglioramento. Invece è essenziale, per vivere il presente con consapevolezza, smettere di giudicarci per quello che siamo o che siamo stati, e interrompere queste lotte interiori a cui ci spinge il perfezionismo.

Alcuni studi hanno dimostrato che le persone più autocompassionevoli sono meno ansiose e depresse, godono di maggiore autostima e sperimentano meno emozioni negative come ostilità, rabbia, paura.

Quando la Scienza incontra la Tradizione

Il termine Meditazione deriva dal latino meditatio, che significa riflessione.
Con essa s’intende quell’insieme di pratiche volte a portare l’attenzione ad un focus interno (sensazioni corporee, pensieri, immagini), esterno (oggetti, fonti luminose o altro), o su nulla in particolare.

Un esempio di Meditazione, che attualmente è stata validata e applicata in ambito clinico è la Mindfulness. Il termine Mindfulness deriva dalla traduzione inglese della parola Sati in lingua Pali, che significa attenzione consapevole.

Si tratta di una forma di meditazione che vanta una storia di oltre duemilacinquecento anni e affonda le sue radici nelle tradizioni contemplative buddhiste. Seppure derivi da questa tradizione, le sua pratica non è necessariamente connessa a questa ideologia, essendo una forma di meditazione universalmente accessibile al di là di ogni sistema di credenze. Si può meditare con un intento spirituale, di crescita personale, religioso, filosofico, ma anche per il puro scopo di essere presenti a noi stessi.

Solitamente, quando pensiamo al termine meditazione, la prima immagine che affiora alla mente è quella di una persona buddhista o induista, probabilmente orientale, seduta nella posizione del loto, in silenzio, ad occhi chiusi, con il pollice e indice delle mani giunte.

In realtà esistono davvero molteplici varianti, che si diversificano per tecniche e scopi, di questa pratica. Riassumendo la Meditazione:

  1. È universale (diffusa tanto in Oriente quanto in Occidente).
  2. Non è necessariamente associata ad un intento religioso.
  3. Ha effetti benefici, scientificamente provati e validati.
  4. Esistono molte diverse posizioni per meditare, anche in movimento e ad occhi aperti.

I benefici della pratica

La Meditazione Mindfulness ricorda di vivere con consapevolezza, senza subire ansia e preoccupazioni, calati nell'unica vera realtà: il presente.

Negli ultimi trent’anni la Meditazione Mindfulness è entrata a far parte degli strumenti clinici per la cura di diversi disturbi quali ansia, depressione, dolore cronico, stress e disordini alimentari. Ne sono stati dimostrati gli effetti sugli equilibri cellulari, e verificata l’efficacia anche nello stimolo della risposta immunitaria, contribuendo a migliorare condizioni mediche diagnosticate. Meditatori esperti mostrano anche un rallentamento dell’invecchiamento cellulare grazie all’influenza diretta sui meccanismi biochimici che proteggono la trasmissione del DNA.

I risultati di una pratica costante sono formidabili :

  • Miglioramento del funzionamento del sistema immunitario ;
  • Riduzione dell’ansia e del senso di irrequietezza;
  • Riduzione dello stress e del senso di irritabilità ;
  • Diminuzione di tristezza e stati depressivi ;
  • Diminuzione del dolore e dell’infiammazione a livello cellulare ;
  • Aumento delle emozioni positive ;
  • Aumento delle capacità di concentrazione ;
  • Miglioramento della capacità di autocontrollo;
  • Miglioramento delle capacità di memoria e di attenzione multipla ;
  • Contrasto dei disordini alimentari ;
  • Miglioramento della creatività e della capacità di pensare fuori dagli schemi ;
  • Rallentamento dell’invecchiamento cellulare in meditatori esperti. 

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Contattami per partecipare ad una prova gratuita o per approfondire l’argomento.

Sai qual è stato il mio più grande progresso?
Sono diventato amico di me stesso.
Seneca

Bibliografia

Kabat-Zinn, J., (2011). Dovunque tu vada ci sei già, in cammino verso la consapevolezza; Tea Edizioni.

Preziosi, E., (2016). Corso di Meditazione di Mindfulness, conosco, conduco, calmo il mio pensare; Franco Angeli Editore.

Porcelli, P., (2009). Medicina psicosomatica e psicologia clinica: modelli teorici, diagnosi e trattamento. Raffaello Cortina Editore, Milano.

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Psicosomatica e Pnei

17 Dicembre 2016 by Laura Calosso Leave a Comment

Psicosomatica e Pnei

Somatizzare: stress e quotidianità

Psicosomatica e Pnei lo dimostrano : una maggiore consapevolezza emotiva e corporea, aiuta a superare problemi di somatizzazione dovuti ad ansia e stress.

Ora ti invito a dedicare un momento per rispondere alle seguenti domande :
1. Consideri frenetica la tua quotidianità?
2. Riesci a ritagliare un momento quotidiano per te?
3. Vorresti che le giornate avessere più ore per fare tutto con più calma?
4. Hai perso la motivazione o l’interesse nelle tue attività quotidiane?
5. Ti sembra di risentirne sia a livello fisico che psicologico?
6. Ti hanno mai diagnosticato un disturbo psicosomatico o non hanno individuato la causa di un tuo malessere fisico?

Se hai risposto Sì ad almeno una di queste domande sei nel posto giusto e ti consiglio di continuare a leggere questo articolo.

Lo sapevi che ad oggi è stato dimostrato che la reazione prolungata allo stress è una delle cause principali per l’insorgere di malattie? Si tratta di disturbi provocati dall’attivazione del “sistema di allarme” del nostro organismo. Sono difficili da individuare ma non meno reali di tutti gli altri disturbi, e sono strettamente legati al nostro stile di vita.

Disturbi Cardiovascolari e Depressione

Statistiche mondiali rivelano che tra le prime cause di morte al mondo vi siano le patologie cardiovascolari. Disturbi per cui, come sappiamo, risulta evidente non solo una predisposizione di base, ma anche uno stile di vita sfavorevole per la salute.

Ciò che rende queste evidenze rilevanti, da un punto di vista clinico e sociale, è lo stretto legame tra malattie cardiovascolari e depressione.
In particolare due recenti studi hanno dimostrato la vulnerabilità a malattie cardiovascolari in presenza di quadri diagnostici depressivi (Rugulies R., 2002; Wulsin L.R., Singal B.M., 2003).
Entrambi gli studiosi hanno evidenziato, dall’analisi della letteratura del periodo storico compreso tra il 1966 e il 2000, il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari in un arco di tempo di 4 anni per coloro, senza disturbi cardiaci, esposti a depressione (Porcelli P., 2009).

Il legame tra depressione e disturbi cardiovascolari e mortalità è allora spiegato dalla risultante di cause concatenate quali:

  1. I fattori biologici (ipertensione, ipercolesterolemia, dislipidemia, sedimentazione di placche nelle arterie, processi infiammatori, bassa variabilità del battito cardiaco, tossicità cardiaca degli antidepressivi)
  2. Stile di vita (fumo, consumo di alcol, scarsa attività fisica, obesità)
  3. Comportamento di malattia (scarsa aderenza al trattamento, scarsa attenzione per le proprie condizioni di salute; Wulsin et. al, 2003 in Porcelli P., 2009, p. 12)

I risultati di queste ricerche pongono ulteriori solide basi alle affermazioni finora esposte riguardo l’intreccio e il valore multifattoriale di quei disturbi considerati esclusivamente biologici o psicologici.

Psicosomatica e Pnei: il nuovo ponte tra Medicina e Psicologia

La Scienza ha sostenuto per molto tempo la scissione mente – corpo, cosa che ha inevitabilmente inciso sull’approccio medico e psicologico circa la sofferenza psicofisica.
La Psicosomatica è una branca sia della medicina che della psicologia clinica, che indaga la connessione tra un disturbo somatico (fisico) e la sua causa di natura psicofisica.

Il corpo si è dimostrato uno degli strumenti più potenti che abbiamo a disposizione per conoscere più approfonditamente noi stessi e gli altri.

Il progresso scientifico, abbracciando la tradizione, suggerisce l’efficacia di tutte quelle pratiche olistiche che permettono di acquisire una maggiore consapevolezza emotiva e corporea.
Lo stretto legame tra mente e corpo è stato in seguito tradotto in studi scientifici relativi a depressione, ansia, sofferenze legate alla sfera lavorativa e relazionale, facendo emergere la profonda validità di queste strategie per vivere una vita serena e un benessere duraturo.

Mente e Cervello: un falso dilemma

Ma allora come siamo arrivati a dividere tra mente e corpo? Probabilmente è stato un processo graduale dopo la rivoluzione del pensiero cartesiano.
Nonostante questa separazione sia stata utile per studiare nel dettaglio il corpo umano e tutte le sue diverse funzioni, quando si guarda al benessere globale, risulta riduttivo fermarsi ad analizzarne solo una parte.
Questo non significa che non sia utile curare un disturbo medico con i dovuti accorgimenti, quanto piuttosto non limitarsi a ricercarne le cause unicamente biologiche o fisiche, quando potrebbero essercene altre più insidiose, ma non meno potenti, come quelle psicologiche (a seguito di stress, traumi, lutti, blocchi emotivi ecc..).

Secondo Pietro Calissano, che dal 1987 dirige l’Istituto di Neurobiologia del CNR:

Molti studiosi (…) sostengono una netta dicotomia fra attività cerebrali (tra cui lo ribadiamo per chiarezza, il movimento di un braccio, la percezione di un suono o di un dolore etc.) ed attività mentali come, appunto il pensiero o l’autocoscienza. Non a caso il mondo della medicina è, a livello accademico, ancora diviso in due corpi di insegnamento distinti e talvolta in contrasto fra loro: gli psichiatri, con le loro numerose varianti basate sul prefisso psiche (psicologi, psicoanalisti etc.) che analizzano le attività ‘mentali’, ed i neurologi, i neurochirurghi, i neurobiologi che si occupano del funzionamento delle attività cerebrali. (2001, p.13)”.

Il dualismo, di cui parla Calissano, è in particolare quello che riguarda la mente e il cervello.
Come ben sappiamo, l’uomo è dotato di un sistema di apparati e organi interni che possono ammalarsi o essere colpiti da alcuni “malfunzionamenti” a vari livelli.
Molto spesso siamo indotti a ridurlo ad un insieme di processi biochimici considerandolo come se fosse solo un corpo, senza comprenderne il complesso sistema di influenze ambientali e psicologiche invisibili ad un’analisi meramente fisica e superficiale.

Al tempo stesso, quando affermiamo la centralità della mente per quanto concerne la sofferenza psichica, attuiamo uno speculare riduzionismo nel considerarla come qualcosa di separato dal corpo fisico che la esprime e la porta nel mondo quotidianamente.

La mente incarnata

Pertanto, ha davvero senso prescindere l’attività mentale dal complesso sistema cerebrale e corporeo che la supporta per valutare il benessere della persona?

Ad oggi è difficile pensare di scindere mente e cervello così nettamente, soprattutto considerandoli il risultato di un complesso insieme di fattori biologici e psicologici in continua relazione tra loro e con una realtà ambientale e sociale in grado di modificarne gli equilibri.

La Psiconeuroendocrinoimmunologia (Pnei)

Parallelamente allo sviluppo della medicina psicosomatica, si sviluppa la Psiconeuroendocrinoimmunologia (Pnei), una disciplina neuropsicologica con forti basi scientifiche, chimiche e biologiche che assolve al bisogno d’integrazione disciplinare tra medicina e psicologia. Tale modello nasce in Europa, attorno agli anni ’30 del Novecento, con le ricerche di Hans Seyle in materia di neurobiologia dello stress e “rappresenta la più robusta controtendenza al paradigma meccanicista e riduzionista che, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, diventa dominante in biomedicina”(Bottaccioli, 2008, p.13).

Questa disciplina, nonostante coinvolga le più avanzate tecnologie, si radica in una concezione di guarigione molto legata alla medicina antica, di origine orientale ed occidentale.
Gli studi di psiconeuroendocrinoimmunologia (Pnei) da molti anni hanno tradotto queste basi teoriche in dati scientifici, che rigorosamente dimostrano come avvenga il collegamento tra emotività e patologia somatica (Bagnoli A., 2014).

I processi di risposta immunitaria

Nello specifico la Pnei studia come le influenze del Sistema Nervoso Centrale e del Sistema Endocrino possano modificare la risposta del Sistema Immunitario. In questo meccanismo, anche le comunicazioni bidirezionali fra i vari sistemi possono modificare la risposta infiammatoria. Ad esempio lo stress cronico può fare insorgere fenomeni di ansia e depressione dovuti a un’omeostasi instabile del corpo (Bagnoli A., 2014).

Somatizzazione ed emozioni

Oggi è quindi possibile affermare scientificamente ciò che ai primi del Novecento scriveva Gustav Carl Jung: “un cattivo funzionamento della psiche può fare molto per danneggiare il corpo e allo stesso modo una malattia somatica può danneggiare la psiche”. Gli studi di psiconeuroendocrinoimmunologia dimostrano che la tendenza a somatizzare sia più propriamente presente in coloro che non riescono a riconoscere o ad esprimere le proprie emozioni (Bagnoli A., 2014). Per questo motivo, nel lavoro Psicologico e Psicoterapeutico, sono sempre più diffuse modalità di lavoro corporeo, per dare voce alla sofferenza emotiva e psicologica, così da iniziare un lavoro parallelo e di reciproca influenza tra il corpo e la mente.

Psicosomatica e Pnei lo dimostrano : una maggiore consapevolezza emotiva e corporea, aiuta a superare problemi di somatizzazione dovuti ad ansia e stress. 

Se hai domande, suggerimenti o curiosità da condividere, ti invito a lasciare un commento qui sotto o contattarmi personalmente.

Bibliografia

Argentieri, S., Calissano, P., Canestri, J., Cimatti, F., Denes, G., Gessa, G.L., Mancia, M., Oliviero, A., Parisi, D., & Signorini, M., introduzione di Montalcini R.L., (2001). Mente e cervello: un falso dilemma? Il Melangolo Editore.
Bagnoli, A., (2014). Il disagio psichico nello studio del medico: quando è il corpo che parla. Psico-Pratika 110, 1-5.
Bottaccioli F., (2008). Il paradigma della psiconeuroendocrinoimmunologia: saggio storico ed epistemologico. Visibile al sito www.sipnei.it
Calosso L., Freilone F., (2015). Il Volto della Psicopatologia: Applicazione Clinica del Facial Action Coding System.
Porcelli, P., (2009). Medicina Psicosomatica e Psicologia Clinica: modelli teorici, diagnosi e trattamento. Raffaello Cortina Editore, Milano.

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Chi è lo psicologo?

15 Dicembre 2016 by Laura Calosso Leave a Comment

Chi è lo psicologo?

6 miti da sfatare sulla figura dello psicologo

In questo articolo chiariamo chi è lo psicologo e sfatiamo alcuni falsi miti che aleggiano attorno a questa figura professionale:

  1. “Rivolgersi ad uno psicologo è segno di debolezza e fragilità, ce la faccio da solo” ,
  2. “Non riuscirei mai ad aprirmi davanti ad un perfetto sconosciuto“,
  3. “Lo psicologo cura i matti” ,
  4. “Lo psicologo è uno psicoterapeuta” ,
  5. “Andare dallo psicologo è sempre un percorso lungo” ,
  6. “Chi mi assicura che potrà aiutarmi davvero? parlare non serve a nulla“

 

Questi pregiudizi, talvolta esistenti per mancanza di informazione sull’effettiva figura dello psicologo, costituiscono una forte resistenza all’affidarsi a questa particolare categoria di professionisti, formati rispetto ai processi psicologici ma anche alle relazioni e alle emozioni umane.

Vediamo di sfatarli uno ad uno :

*1 “Rivolgersi ad uno psicologo è segno di debolezza e fragilità, ce la faccio da solo”

Il primo stereotipo potrebbe essere sintetizzato dall’espressione “non ho bisogno di aiuto“. E’ una delle frasi più ripetute da chi crede che a chiedere supporto siano i deboli o coloro i quali abbiano scarsa fiducia nelle proprie capacità.

Riconoscere di essere portatori di un disagio, di una sofferenza, di essere intrappolati da troppo tempo in vecchi schemi mentali e comportamentali, è il primo passo verso il cambiamento. Rivolgersi ad un esperto della salute psicologica è il secondo passo, ricordando che è un atto di coraggio, non di debolezza, poiché spetta a noi intraprendere il percorso di crescita interiore, nessuno può farlo al posto nostro. In tal senso lo psicologo svolge il ruolo di “facilitatore”, “attivatore” di tutte quelle risorse interne che già possediamo, indispensabili per il nostro equilibrio psicofisico.

 

*2 “Non riuscirei mai ad aprirmi davanti ad un perfetto sconosciuto“

Il secondo pregiudizio riguarda la difficoltà ad aprirci nei confronti di chi non conosciamo. E’ comprensibile, inizialmente, avere delle resistenze, ma è bene ricordare che abbiamo di fronte un professionista di relazioni, che non è lì seduto di fronte a noi con l’intento di giudicarci o di parlare di noi ad altri. Lo psicologo ha l’obbligo della riservatezza.

Più ti porterai in modo autentico e più permetterai, fin da subito, l’instaurarsi di un ambiente caldo e accogliente, e di un rapporto basato sulla fiducia e sull’empatia. Spesso non ce ne accorgiamo, ma gran parte del processo si facilita con la nostra disponibilità a metterci in gioco.

Inoltre, potersi confidare con una persona estranea alla notra vita non ha ripercussioni dirette sulle nostre relazioni, al contrario è più facile ed utile esporsi davanti a chi non conosciamo, sia perché non ne temiamo il giudizio, sia perché può fornirci una visione della realtà più imparziale e distaccata rispetto ad un amico o ad un familiare. Non sempre portare il proprio disagio con chi si conosce può aiutarci a risolvere la situazione.

 

*3 “Lo psicologo cura i matti”

“Lo psicologo cura i matti”. Questo è lo stereotipo più difficile da estirpare. E’ un’idea diffusa che ha generato un’errata convinzione riguardo al ruolo dello psicologo: si crede che egli si occupi solamente della psicopatologia, senza considerare il fatto che i campi di intervento psicologico vanno dalla promozione della salute, alle formazioni aziendali, alla salute durante lo sviluppo, alla prevenzione.

La salute mentale ha lo stesso valore di quella fisica, dato che oggi è risaputo che il binomio mente-corpo è una realtà inscindibile.

Chi si rivolge ad un professionista della salute psicologica, quindi, non per forza soffre di un qualche disturbo o patologia, come chi pratica una attività fisica non necessariamente ha problemi di salute. Intraprendere questo tipo di percorso significa avere a cuore il proprio benessere psicofisico.

 

*4 “Lo psicologo è uno psicoterapeuta”

“Lo psicologo è lo psicoterapeuta”. Errore. chiariamoci le idee:

Il percorso di uno psicologo è dato dallo studio di 5 anni (ad oggi 3 anni di laurea triennale più 2 anni di laurea specialistica), ed il superamento di un esame di stato che lo abiliti a svolgere la professione. Il suo ruolo può variare in base alla specializzazione, anche se tutti gli psicologi sono autorizzati per legge a seguire ognuna delle seguenti attività: formazione e selezione del personale in azienda (psicologo del lavoro e delle organizzazioni), consulenze a privati e comunità, diagnosi e progetti sul territorio (psicologo clinico e di comunità), sportello scolastico o consulenze con minori (psicologo dello sviluppo), consulenze forensi o perizie psicologiche (psicologo forense e criminologico).

Lo psicologo psicoterapeuta, oltre ad essere laureato in psicologia ed aver ottenuto l’abilitazione alla professione, ha proseguito gli studi con un ulteriore percorso quadriennale presso una scuola di psicoterapia (di cui esistono diversi orientamenti). Egli, oltre a tutte le competenze dello psicologo è specializzato nella cura e nel trattamento del paziente ed ha effettuato a propria volta uno o più percorsi personali.

Esiste inoltre il medico psicoterapeuta, egli è un medico specializzato in psichiatria. In Italia gli psichiatri sono automaticamente abilitati alla professione di psicoterapeuta, nonostante spesso non siano formati presso nessuna scuola di psicoterapia.

Come avrai capito la formazione di uno psicoterapeuta può basarsi su teorie e metodi differenti, per questo è importante informarsi sul percorso del professionista, consultando più materiale possibile rispetto alle tematiche specifiche sul quale è specializzato e per comprendere quale orientamento sia più adatto a noi.

Come quando scegliamo un paio di scarpe da corsa ci informiamo su quale sia più adatta al nostro tipo di allenamento, per quanto riguarda lo psicologo è importante informarsi il più possibile per ricercare la persona più affine alla nostra personale esigenza.

 

*5 “Andare dallo psicologo è sempre un percorso lungo”

“Andare dallo psicologo è sempre un percorso lungo“. No! Se decidiamo di andare da uno psicologo ed ottenere una consulenza circoscritta ad una problematica della nostra vita che scegliamo di approfondire, potremmo anche scegliere una formula ad esempio di di 3 – 4 – 6 o 8 incontri e decidere se proseguire o meno, o di intraprendere con un’altra persona una psicoterapia a lungo termine. Inoltre esistono orientamenti di psicoterapia che sono specializzati in terapie brevi e strategiche.

Dipende tutto da cosa ci aspettiamo e dal risultato che vogliamo ottenere a lungo termine.

Se abbiamo paura di intraprendere tortuosi percorsi di terapia, possiamo sempre iniziare con una consulenza psicologica e darci il tempo di valutare con lo psicologo che cosa stiamo cercando e quale possa essere la soluzione più adatta a noi. Ricordiamoci che talvolta il solo confronto con un professionista può toglierci da scomode situazioni di stallo, a volte basta soltanto allungare la mano e fidarsi di chi ha studiato come tirarti fuori dalle sabbie mobili il prima possibile.

 

*6 “Chi mi assicura che potrà aiutarmi davvero? Parlare non serve a nulla”

Fermiamoci un secondo a riflettere:
siamo disposti a comprare un materasso nuovo quando il nostro è divenuto scomodo, ma facciamo fatica ad affidarci ad uno psicologo quando proviamo la stessa scomodità rispetto alle questioni della nostra vita.
Vediamo insieme perché:
il materasso è un prodotto, che in quanto tale possiamo osservare, toccare, provare e poi comprare. Una consulenza è invece un servizio, qualcosa che non possiamo scegliere a priori in base alle sue caratteristiche materiali. Eppure, sia un materasso su misura che uno psicologo adatto a noi possono aiutarci a vivere meglio.

Certo, talvolta è difficile scegliere a chi rivolgersi e questo può costituire la resistenza ad un potenziale percorso di crescita interiore. Ma una cosa è certa ormai, che più di ogni altra cosa ciò che rende efficace il sostegno di uno psicologo o il percorso con uno psicoterapeuta è la relazione umana che si instaura tra i due. Inoltre, diversi studi hanno confermato che circa il 60% delle malattie che sviluppiamo sia dovuta allo stress, nemico numero uno dell’uomo moderno.
E’ importante non sottovalutare sintomi psicologici quali umore instabile, ansia, conflitti nelle relazioni o difficoltà nel prendere decisioni. Inoltre è umano avere dei momenti “no”, ma quando questi costellano le nostre giornate e costituiscono un fattore che compromette il nostro equilibrio psicofisico per un tempo prolungato, allora si può considerare il sostegno di un professionista. Quando viviamo con il “pilota automatico” la vita può diventare stressante e si può ricadere inconsapevolmente negli stessi meccanismi ripetitivi e disadattivi.

La serenità è salute, e se siamo disposti ad affidarci ad uno psicologo e ad avere il coraggio di essere noi i primi promotori del nostro cambiamento allora potremmo migliorare la nostra qualità della vita.

 

Contattami  per qualsiasi dubbio o curiosità.

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Dott.ssa Laura Calosso
Psicologa e Psicoterapeuta
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